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martedì 16 luglio 2013

Corte dei Conti: "Con la sentenza indicata in epigrafe la Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in relazione al ricorso proposto dai sig.ri (Lpd), già sottufficiale dell'Arma dei Carabinieri, e (Lpd), già sottufficiale della Guardia di Finanza, entrambi collocati in congedo successivamente all'entrata in vigore della Legge n. 121 del 01.04.1981, mirante ad ottenere la riliquidazione della pensione mediante l'equiparazione del trattamento economico a quello attribuito alla corrispondente qualifica della Polizia di Stato ai sensi della L. 6 marzo 1992, n. 216."


C. Conti Sez. II App., Sent., 06-06-2013, n. 400
Fatto Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO
composta dai magistrati:
Dott. ROTOLO Enzo - Presidente -
Dott. IMPERIALI Stefano - Consigliere -
Dott. SILVERI Angela - Consigliere -
Dott. CIRILLO Luigi - Consigliere -
Dott. PADULA Francesca - Consigliere relatore -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nei giudizi d'appello iscritti ai nn.
- 22799, proposto dalle Sig. (Lpd) e (Lpd), quali eredi di (Lpd), rappresentate e difese dall'Avv. ... contro il Ministero della Difesa - Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;
- 23044, proposto dal sig. (Lpd), rappresentato e difeso dall'Avv. ...., contro il Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza;
avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana n. 89/2004 del 20.01.2004;
esaminati gli atti e i documenti di causa;
uditi nella pubblica udienza del 14 maggio 2013, il relatore, Cons. PADULA Francesca, l'Avv. Domenico Bonaiuti, per delega dell'Avv. ....per gli appellanti, ed il Maresciallo Aiutante (Lpd) (Lpd) per il Comando Generale della Guardia di Finanza, non comparso il Ministero della Difesa.
Svolgimento del processo
Con la sentenza indicata in epigrafe la Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in relazione al ricorso proposto dai sig.ri (Lpd), già sottufficiale dell'Arma dei Carabinieri, e (Lpd), già sottufficiale della Guardia di Finanza, entrambi collocati in congedo successivamente all'entrata in vigore della Legge n. 121 del 01.04.1981, mirante ad ottenere la riliquidazione della pensione mediante l'equiparazione del trattamento economico a quello attribuito alla corrispondente qualifica della Polizia di Stato ai sensi della L. 6 marzo 1992, n. 216.
Rilevava il giudice di prime cure che nei casi in esame trattavasi di pensionamenti rientranti nella previsione di Legge e che, pertanto, l'Amministrazione aveva "erogato autonomamente i benefici in parola sì da determinare la cessazione della materia del contendere".
Con distinti atti di appello depositati rispettivamente il 30.03.2005 (n. 22799) ed il 20.04.2005 (23044), (Lpd) e (Lpd), quali eredi di (Lpd), nonché (Lpd) deducono erroneità della sentenza impugnata, nell'affermare la cessazione della materia del contendere, non essendo stata mai erogata da parte della pubblica amministrazione nessuna somma per la fattispecie di cui è causa. Chiedono, pertanto il riconoscimento del diritto a percepire l'equiparazione economico-retributiva con gli appartenenti alle qualifiche corrispondenti della Polizia di Stato ed in particolare riconoscere gli effetti giuridici sin dall'entrata in vigore della Legge n. 121 del 1981 e quelli economici dal 01.01.1992, con interessi e rivalutazione monetaria, con vittoria di spese, diritti ed onorari del doppio grado.
Con memoria depositata il 24.04.2013 il Ministero della Difesa ha fatto presente che il S. è stato collocato in congedo in data 20.10.1989 e cioè nel quinquennio precedente la data del 20.06.1991 ed ha, dunque, beneficiato d'ufficio dell'equiparazione richiesta, ed ha richiamato il provvedimento di pensione ordinaria n. 211/1999 del 17.09.1999 emesso dal Comando Regione Carabinieri Toscana sulla scorta dell'atto stipendiale n. 1948 del 23.07.1999, che ha provveduto al relativo inquadramento stipendiale previsto con gli ispettori della Polizia di Stato a decorrere dal 25.06.1982. Chiede pertanto il rigetto dell'appello in quanto infondato, con vittoria delle spese, quantificate forfettariamente in Euro 1.000,00.
Con memoria depositata l'8.05.2013 il Comando Generale della Guardia di Finanza ha preliminarmente evidenziato che il gravame è inammissibile in quanto basato su presupposti di fatto; ha quindi fatto presente che il B. è stato posto in congedo con decorrenza dal 18.09.1992 e che con decreto n. 3282 del 16.10.2002 è stato liquidato in suo favore il trattamento pensionistico ordinario a decorrere dalla data di collocamento in congedo con inclusione dei benefici di cui al D.L. n. 5/1992, conv. in L. n. 216/1992. Chiede che il ricorso, palesemente inammissibile, sia respinto per mancanza di interesse a ricorrere, con condanna alle spese di giudizio ex artt. 91 e 96 da determinarsi forfettariamente.
Nella pubblica udienza del 14.05.2013, non comparso il Ministero della Difesa, l'Avv. Domenico Bonaiuti si è riportato agli atti scritti; il Maresciallo Aiutante (Lpd) (Lpd), per il Comando Generale della Guardia di Finanza, ha insistito per il rigetto dell'appello.
Motivi della decisione
In via del tutto pregiudiziale va disposta, in rito, la riunione degli appelli, ai sensi del combinato disposto degli artt. 335 c.p.c. e 26 R.D. n. 1038 del 13.08.1933, essendo stati prodotti tutti avverso la stessa sentenza.
Si premette che l'appello è stato correttamente proposto da (Lpd) e (Lpd) avverso il Ministero dell'Economia e delle Finanze, soccombente nel giudizio di primo grado. Anche se nella sentenza impugnata non è indicato quale controparte pubblica detto Ministero, ma solo il Ministero della Difesa, in relazione alla posizione processuale di altro ricorrente, deve ritenersi l'omissione dovuta a mera svista materiale del giudice, che non ha inficiato la regolarità del contraddittorio, essendo desumibile chiaramente dal verbale dell'udienza del 03.12.2003 la qualità di parte dell'appellato Ministero dell'Economia e delle Finanze (si veda l'art. 22 del R.D. n. 1038 del 13.08.1933, che consente di superare il vizio derivante dalla mancata indicazione delle parti nella sentenza, ove detta indicazione risulti dal verbale di udienza).
Ai sensi dell'art. 1, comma 5, della L. 14 gennaio 1994, n. 19 (di conversione del D.L. 15 novembre 1993, n. 453) come sostituito dall'art. 1, comma 1, del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543 convertito in Legge n. 639 del 20.12.1996, l'appello in materia pensionistica è consentito solo per motivi di diritto.
Le Sezioni Riunite di questa Corte, con sentenza n. 10/QM/2000 del 24.10.2000, hanno puntualizzato i criteri per la distinzione tra motivi di diritto e motivi di fatto, precisando, tra l'altro, che: a) i motivi di diritto devono investire la portata dispositiva di una norma giuridica e/o il suo ambito applicativo a fattispecie astratte, dalle quali consegue in via immediata la regola di diritto applicabile alla fattispecie concreta; b) rientrano nei motivi di diritto i vizi che comportino la nullità della sentenza o del processo, trattandosi di violazione di regole giuridiche; c) il vizio di difetto di motivazione su questioni di fatto è deducibile in appello soltanto ove la sentenza impugnata manchi in modo assoluto di motivazione o abbia motivazione apparente.
Ebbene è noto che, per i chiarimenti forniti dalle sezioni unite della Corte (28 settembre 2000, n. 1048), la pronuncia di "cessazione della materia del contendere" costituisce, nel rito contenzioso ordinario (privo, al riguardo, di qualsivoglia espressa previsione normativa, a differenza del rito amministrativo e di quello tributario), una fattispecie di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale, contenuta in una sentenza dichiarativa della impossibilità di procedere alla definizione del giudizio nel merito per il venir meno dell'interesse delle parti alla naturale conclusione del giudizio stesso.
Ne discende, ad avviso del Collegio, che ove si deduca l'erronea rilevazione di detta causa di estinzione, l'appello riguardi motivo di diritto, che si sostanzia nella violazione dell'art. 100 c.p.c., per l'asserito persistere in capo all'appellante dell'interesse ad agire (si veda Cass. Sez. Lav. n. 7450 del 21.05.2002).
Va quindi osservato, per la specifica fattispecie, che gli appellanti chiedevano nel ricorso dinanzi alla Sezione Toscana "riconoscere il diritto. a percepire l'equiparazione economico retributiva con gli appartenenti alle qualifiche corrispondenti della Polizia di Stato ed in particolare riconoscere gli effetti giuridici, sin dalla entrata in vigore della Legge 121 del 1981, e quelli economici dal 01.01.1992, data da cui deve essere riliquidato il trattamento pensionistico spettante al ricorrente, mediante l'applicazione della Legge n. 121/1981, con interessi e rivalutazione monetaria".
Il Giudice toscano ha potuto verificare, per acquisizione agli atti dei decreti nn. 211 del 17.09.1999 del Comando Regione Carabinieri Toscana per (Lpd), e 3282 del 16.10.2002 della Guardia di Finanza - Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Toscana per (Lpd), l'avvenuto soddisfacimento della pretesa invocata dai ricorrenti. Per entrambi è stata disposta l'attribuzione, ai fini della determinazione del trattamento pensionistico ordinario, dei benefici di cui al D.L. n. 5 del 07.01.1992, convertito con modificazioni in Legge 6 marzo 1992, n. 216, previa rideterminazione stipendiale (con atti nn. 1948 del 23.07.1999, per S. e 1647 dell'8.11.1993 per B.).
Ed in effetti, a norma dell'art. 43, commi 16 e 17, della Legge 1 aprile 1981, n. 121 (nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza), era stata disposta l'equiparazione ai fini del trattamento economico degli appartenenti alla Polizia di Stato con quelli delle altre forze di polizia (Arma dei Carabinieri, Corpo della guardia di Finanza, Corpo degli agenti di custodia e Corpo forestale dello Stato), sulla base di Tabella allegata alla Legge stessa.
Quest'ultima tuttavia non riportava le qualifiche degli Ispettori della Polizia di Stato, nell'asserito presupposto, affermato in nota in calce, che non vi sarebbe stata "corrispondenza con i gradi e le qualifiche del precedente ordinamento della Pubblica Sicurezza né con i gradi del personale delle altre forze di Polizia".
Con sentenza n. 277, pubblicata il 12 giugno 1991, la Corte Costituzionale dichiarò l'illegittimità della indicata normativa nella parte in cui non includeva le qualifiche degli Ispettori di polizia, così omettendo l'individuazione della corrispondenza con le funzioni connesse ai gradi dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri.
La Consulta quindi demandava al Legislatore ordinario le determinazioni conseguenti alla declaratoria di incostituzionalità (cfr. punto 5 della motivazione in diritto della sentenza n. 277/1991).
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 277 del 1991 e di quelle dei Giudici amministrativi che avevano accolto i ricorsi degli interessati, interveniva il D.L. 7 gennaio 1992, n. 5, convertito con modificazioni in Legge 6 marzo 1992, n. 216, con cui fu autorizzata la spesa per gli oneri finanziari derivanti dai giudicati (art. 1), fu contestualmente disposta la parificazione del trattamento economico della Polizia di Stato anche per i Sottufficiali dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza non ricorrenti, con decorrenza dal 1 gennaio 1992.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 241 del 27 giugno 1996, nel dichiarare infondata la proposta questione di legittimità della Legge n. 216/1992, nella parte in cui non prevedeva il riconoscimento del diritto alla riliquidazione della pensione per il personale in servizio alla data di entrata in vigore della Legge 1 aprile 1981, n. 121, ma collocato a riposo anteriormente all'emanazione dell'indicato D.L. n. 5/1992, ribadiva che con la sentenza n. 277 del 1991 non si era "automaticamente verificata la piena equiparazione, anche economica, secondo l'omogeneità delle funzioni, tra le qualifiche di Ispettore di Polizia e quelle di Sottufficiale dell'Arma dei Carabinieri".
Precisava che la disciplina della decorrenza delle nuove retribuzioni e degli arretrati rimaneva affidata ai poteri discrezionali del Legislatore, Non ravvisava irragionevolezza nel disposto pagamento delle competenze arretrate "nei limiti del quinquennio antecedente alla data della sentenza n. 277 del 1991".
La riferita precisazione consente quindi di affermare che la normativa conseguente alla sentenza n. 277 del 1991 della Corte Costituzionale (D.L. 7.1.1992 n. 5 convertito in L. 6.3.1992 n. 216) non ha riguardato il personale a riposo ed il trattamento di quiescenza, bensì solo il personale in servizio ed il trattamento di attività, e che la riliquidazione del trattamento pensionistico per effetto del ricalcolo della base pensionabile può spettare al più solo a coloro che abbiano goduto degli arretrati avendoli effettivamente percepiti nel trattamento di attività (art. 53 del D.P.R. 1092/73).
Conformemente le Sezioni Riunite di questa Corte hanno affermato nella n. 11/QM/03, che "dovendosi considerare, secondo il sopra richiamato insegnamento della Corte costituzionale, errato presupposto quello di ritenere che, in seguito alla sentenza n. 277 del 1991, si sia automaticamente verificata la piena equiparazione anche economica, secondo l'omogeneità delle funzioni, tra le qualifiche di ispettore di Polizia e quelle di sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri, in servizio alla data di entrata in vigore della Legge n. 121/81, ma cessati dal servizio anteriormente al 1 gennaio 1992, non spetta la riliquidazione del trattamento di pensione, qualora non abbiano effettivamente goduto degli arretrati retributivi".
Dunque, in conformità a corretta interpretazione delle disposizioni normative ed alla giurisprudenza evidenziata, sono stati riconosciuti i benefici dell'equiparazione al S., in quanto collocato in congedo, il 20.10.1989, nel quinquennio antecedente la pronuncia della Corte Costituzionale n. 277 del1991, ed al B., in quanto collocato a riposo il 18.09.1992, successivamente all'emanazione dell'indicato D.L. n. 5/1992.
Il Giudice di primo grado ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, per aver l'Amministrazione erogato i benefici in questione.
Gli appellanti ritengono che la cessazione della materia del contendere non doveva essere dichiarata "in quanto nessuna somma è stata mai erogata da parte della pubblica amministrazione per la fattispecie di cui è causa, come è risultato confrontando la posizione di altri ricorrenti".
Ebbene, osserva il Collegio che del tutto fondatamente la sentenza di primo grado ha verificato la mancanza di interesse dei due ricorrenti, a fronte dei provvedimenti prodotti nel giudizio dalle due Amministrazioni convenute, con cui esse hanno disposto l'attribuzione dei benefici come sopra chiarito.
Infatti i due ricorrenti non hanno formulato alcuna specifica contestazione o rilievo avverso gli indicati provvedimenti, nel corso del giudizio di prime cure, non risultando neanche presenti all'udienza pubblica del 03.12.2003, il che ha senz'altro rafforzato il convincimento del Giudice circa la mancanza di interesse a coltivare la pretesa (anche ai sensi dell'art. 116, comma 2, c.p.c. Il Giudice può valutare il contegno processuale delle parti per verificare, a fronte della vicenda sopravvenuta, la perdurante sussistenza di una situazione di contrasto: Cass. sez. III, n. 17861 del 22.08.2007).
Al fine di non far risultare la mancanza di interesse, i ricorrenti avrebbero dovuto invece concludere nel giudizio di primo grado nel senso di non riconoscere e di non ammettere il fatto allegato dalle due Amministrazioni, opponendo la circostanza specifica del mancato percepimento di somme a seguito dei due indicati provvedimenti pensionistici concessivi. In carenza di specifica osservazione sul punto, non è censurabile il decisum, anche se in ricorso era contenuta la generica richiesta degli arretrati (neanche inclusa nelle conclusioni), che andava attualizzata rispetto ai provvedimenti emersi nel giudizio, al fine di far constare la permanenza dell'interesse alla pronuncia di merito.
Discende da quanto esposto che la mancata erogazione di somme per effetto dei due provvedimenti, quale motivo dell'erroneità della statuizione di cessazione della materia del contendere, non può essere oggetto di valutazione nella presente sede, in cui non è ammessa la domanda comportante l'introduzione nel processo di un nuovo thema decidendi, con alterazione dei termini della controversia (Cass. Sez. III, n. 6468 del 19.03.2007; id., Sez. II, n. 5741 del 03.03.2008), né l'eccezione contenente la prospettazione di nuove circostanze o situazioni giuridiche, in modo da dar luogo ad una allegazione difensiva diversa da quella sviluppata ed esplorata in primo grado, al fine di conseguire una diversa qualificazione dei fatti sul piano delle conseguenze giuridiche (Cass. Sez. II, n. 13253 del 16.07.2004; id. Sez. lav., n. 1745 del 16.02.2000).
Va ancora evidenziato che nelle conclusioni degli atti di appello si fa richiesta di riconoscimento, oltre che degli effetti economici dal 01.01.1992, anche degli "effetti giuridici, sin dalla entrata in vigore della Legge n. 121 del 1981", ed inoltre si chiedono interessi e rivalutazione monetaria.
Ebbene, al riguardo di entrambe le domande, va rilevata la carenza di specifici motivi di impugnazione, di talché non vi è luogo a pronuncia sulle medesime ex art. 342 c.p.c.
Alla luce delle esposte considerazioni gli appelli (nn. 22799 e 23044) vanno respinti, in quanto infondati.
Condanna, in ragione della soccombenza, gli appellanti (Lpd) e (Lpd) al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in via forfettaria in Euro 300,00 (trecento/00), a favore del Ministero della Difesa - Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri (appello n. 22799), tenuto conto che l'appellato si è difeso personalmente, senza addurre circostanziati elementi idonei a giustificare il maggiore importo richiesto.
Condanna, in ragione della soccombenza, l'appellante (Lpd) al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in via forfettaria in Euro 500,00 (cinquecento/00), a favore del Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza (appello n. 23044). Non si ravvisano, nel caso di specie, i presupposti per affermare la responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ed in particolare la prova del difetto della normale diligenza per l'acquisizione della coscienza dell'infondatezza dell'appello (Cass. Sez. Lavoro, n. 2475 del 03.03.1995; id. Sez. II, n. 73 dell'8.01.2003).
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale,
- respinge l'appello n. 22799. Condanna gli appellanti (Lpd) e (Lpd) al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in via forfettaria in Euro 300,00 (trecento/00), a favore del Ministero della Difesa - Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;
-respinge l'appello n. 23044. Condanna l'appellante (Lpd) al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in via forfettaria in Euro 500,00 (cinquecento/00), a favore del Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 14 maggio 2013.
Depositata in Segreteria il 6 giugno 2013.

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