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giovedì 24 ottobre 2013

Cassazione: Malattia e visita fiscale: la mancata reperibilità può giustificare, di per sé, il licenziamento




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Malattia e visita fiscale: la mancata reperibilità può giustificare, di per sé, il licenziamento
Cass. civ. Sez. lavoro, 11-02-2008, n. 3226


REPUBBLICA ITALIANA

IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE
LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:



ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

., elettivamente domiciliato
in Roma Via presso lo studio dell'avvocato
 che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

XYXYXY S.
R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA ., presso lo studio dell'avvocato
., rappresentata e difesa dall'avvocato .
giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n.
33/06 della Sezione distaccata di Corte d'Appello di BOLZANO,
depositata il 26/06/06 R.G.N. 6/06;

udita la relazione della causa
svolta nella pubblica udienza del 17/12/07 dal Consigliere Dott.


udito l'Avvocato .per delega .

udito
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. .
. che ha concluso per il rigetto del ricorso.


--------------------------------------------------------------------------------
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
1. Con ricorso al
tribunale di Bolzano, quale giudice del lavoro, XYXYXY conveniva in
giudizio la società "XYXYXY s.r.l." al fine di ottenere
l'accertamento dell'illegittimità del licenziamento, intimatogli in
data 7.2.2005, dal rapporto di lavoro che egli intratteneva a far tempo
dai 1.3.2004 (ovvero dal 1.1.2005, allorquando era stato riassunto dopo
il subentro della XYXYXY alla precedente datrice di lavoro) in
qualità di cuoco, con le conseguenti condanne alla reintegrazione, al
pagamento dell'indennità di legge ed al risarcimento del danno (oltre
al pagamento di una differenza retributiva relativa al periodo iniziale
del rapporto). Il ricorrente rappresentava di essersi assentato dal
lavoro il giorno 22.1.2005 (sabato) e di essere stato sottoposto a
visita dal medico curante il successivo 24.1.2005 che gli aveva
rilasciato un certificato medico attestante malattia durevole sino al
1.2.2005, certificato inviato alla società datrice di lavoro e
all'INPS; che in seguito gli era stata contestata l'assenza
ingiustificata di un giorno e la sanzione di un giorno di sospensione e
poi gli era stata ancora contestata l'assenza ingiustificata per
ulteriori giorni (più di cinque), sul presupposto che era risultato
assente vuoi alla visita di controllo domiciliare vuoi alla visita di
controllo ambulatoriale da espletarsi rispettivamente in data 25/27.
1.2005 e 26/28.1.2005. Addotta la giustificazione di detta assenza (e
cioè il fatto di essersi recato durante la malattia presso il domicilio
di una cugina onde farsi assistere, nell'ignoranza di essere soggetto
all'obbligo di reperibilità per la visita ispettiva), l'appellante
aveva ricevuto comunicazione della sanzione disciplinare espulsiva,
adottata con lettera dell'1.2.2005 ai sensi dell'art. 167 c.c.n.l. per
i dipendenti di pubblici esercizi che la prevedeva per l'assenza
ingiustificata superiore a giorni 5, e l'aveva impugnata prima avanti
al collegio di conciliazione e poi nella sede giudiziaria.

2. La
convenuta datrice di lavoro si costituiva e resisteva alla domanda.

3.
Senza espletamento della richiesta istruttoria orale, il giudice adito,
con sentenza n. 360/05 del 25.11.2005, respingeva la domanda di
accertamento del licenziamento (ed accoglieva invece quella di condanna
al pagamento delle differenze retributive, liquidate nel più ridotto
importo di Euro 400,90).

4. Di tale pronuncia si doleva con atto
d'appello il lavoratore. Deduceva che il giudice di primo grado aveva
scelto (tra i due diversi orientamenti giurisprudenziali individuati e
confrontati) quello secondo cui l'assenza ingiustificata alla visita di
controllo può comportare non solo la decadenza dal diritto al
trattamento economico (ai sensi della L. n. 638 del 1983, art. 5), ma
anche l'applicazione di una sanzione disciplinare in quanto la condotta
integra anche violazione dei doveri inerenti al rapporto di lavoro.
L'appellante insisteva sull'erroneità della anzidetta impostazione,
atteso che la malattia (nella specie non contestata) era idonea a
giustificare di per sè l'assenza ed essendo la mera assenza al
controllo già sanzionata ex lege con la perdita del trattamento
economico. L'appellante censurava inoltre la pronuncia del primo
giudice per avere ritenuto che la sanzione inflitta fosse proporzionata
alla asserita violazione delle regole di condotta, per quanto
semplicemente connessa alla mera assenza ai controlli ispettivi e per
quanto fosse stato implicitamente riconosciuto (e comunque in difetto
della prova contraria) che la malattia denunciata era vera e reale. Non
trattandosi di assenteismo arbitrario e neppure di omessa trasmissione
del certificato di malattia, ma di semplice assenza al controllo
ispettivo, l'irrogazione della sanzione espulsiva avrebbe dovuto
considerarsi del tutto sproporzionata rispetto alla gravità
dell'addebito ed avrebbe dovuto perciò essere dichiarata illegittima.
In difetto di situazioni di "particolare gravità" (e non potendosi
contestare la recidiva, perchè l'assenza del 22.1.2005 si era di fatto
inserita nel medesimo contesto di inabilità, che non poteva
considerarsi parcellizzato per il fatto della duplice contestazione),
l'appellante deduceva anche che la previsione contrattuale relativa
alla assenza di durata superiore ai cinque giorni non poteva ritenersi
applicabile ai fatti di causa appunto perchè afferente alle assenze
ingiustificate e non anche alla fattispecie di omessa reperibilità alla
visita di controllo.

5. Radicatosi il contraddittorio, la parte
appellata contestava le censure avversarie e chiedeva rigettarsi
l'impugnazione.

6. L'adita Corte di appello di Trento, sez. di
Bolzano, con sentenza del 21 - 26 giugno 2006, rigettava l'appello
avverso la sentenza del giudice di primo grado e compensava
integralmente tra le parti le spese anche per questo grado di giudizio.

7. Avverso questa pronuncia il lavoratore ha proposto ricorso per
cassazione con cinque motivi.

Ha resistito con controricorso la
società intimata. Il ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della
decisione
1. Il ricorso è articolato in cinque motivi.

Con il primo
motivo il ricorrente pone il seguente quesito di diritto: "Può la
violazione, da parte del lavoratore, dell'obbligo di reperibilità
durante le fasce orarie previste per le visite mediche di controllo
costituire ragione di licenziamento disciplinare anche nelle ipotesi in
cui il fatto in sè non sia idoneo a smentire la sussistenza della
malattia ovvero, ed a maggior ragione, nell'ipotesi in cui la
sussistenza della malattia non sia contestata dal datore di lavoro o
risulti altrimenti provata?".

Con il secondo motivo il ricorrente pone
il seguente quesito di diritto: "In considerazione del principio
generale della proporzionalità in materia sanzionatoria (art. 2106 c.
c.) e del divieto costituzionale di trattamento uguale in situazioni
tutt'affatto diseguali (art. 3 Cost.) il datore di lavoro può adottare
nei confronti del lavoratore la massima sanzione disciplinare del
licenziamento, oltre che in caso di assenza ingiustificata dal lavoro
per difetto di malattia vera e reale nonchè (eventualmente) in caso di
assenza ingiustificata dal lavoro per omessa trasmissione al datore di
lavoro del certificato di malattia, anche in caso di mera assenza
ingiustificata alle visite mediche di controllo (e dunque in presenza
di malattia vera e reale e pur essendo stato regolarmente trasmesso al
datore di lavoro il relativo certificato)?".

Con il terzo motivo il
ricorrente denuncia vizio di motivazione omessa o insufficiente in
riferimento alle ragioni per cui il fatto addebitato era stato
considerato di particolare gravità.

Con il quarto motivo il ricorrente
di duole ancora del vizio di motivazione omessa o insufficiente in
riferimento alle ragioni per cui sono state rigettate le istanze
istruttorie orali formulate nell'atto di appello.

Con il quinto motivo
il ricorrente pone il seguente quesito di diritto: "Ai fini
dell'applicazione dell'art. 139, comma 5, lett. b), c.c.n.l. 10
febbraio 1999 per i dipendenti da aziende dell'industria turistica, che
prevede la assenza ingiustificata del lavoratore quale giusta causa di
licenziamento se protratta oltre cinque giorni, devono intendersi come
"ingiustificate" solo le assenze non riconducibili alla sussistenza di
una malattia vera e reale (o, al più, anche al mancato inoltro al
datore di lavoro del certificato medico) oppure anche le assenze alla
visita medica di controllo pur essendo previsto per tale ipotesi
dall'art. 117, comma 4, c.c.n.l. cit. il solo obbligo di rientro
immediato in azienda? L'obbligo di immediato rientro in azienda in
ipotesi di mancato rispetto dell'obbligo di reperibilità per le visite
mediche di controllo previsto dall'art. 117, comma 4, c.c.n.l. cit.
deve essere compatibile con lo stato di salute del lavoratore o
prescinde da questo? In caso di violazione da parte del lavoratore
dell'obbligo di reperibilità per le visite mediche di controllo
l'obbligo di immediato rientro in azienda previsto dall'art. 117, comma
4, c.c.n.l. cit. è subordinato all'invito fattogli pervenire dal datore
di lavoro? In caso di assenza alla visita medica di controllo il
lavoratore è obbligato all'immediato rientro in azienda
indipendentemente dal fatto che egli sappia o non sappia che il medico
si è recato nel suo domicilio e non lo ha ivi trovato?". 2.1 primi due
motivi del ricorso - che possono essere trattati congiuntamente in
quanto connessi - sono infondati.

La giurisprudenza di questa Corte
(ex plurimis Cass., sez. lav., 13 dicembre 2005, n. 27429) ha da tempo
affermato che la giustificazione dell'assenza nelle fasce di
reperibilità deve essere fondata su motivi seri che determinano
l'impossibilità di osservare l'obbligo di reperibilità e che la
violazione dell'obbligo di reperibilità alla visita medica di controllo
può giustificare il licenziamento; la valutazione complessiva della
gravità dell'infrazione deve tener conto delle violazioni anteriori e
delle sanzioni disciplinari inflitte. Cfr. anche Cass., sez. lav., 3
maggio 1997 n. 3837 secondo cui l'assenza del lavoratore dalla propria
abitazione durante la malattia - oltre a dar luogo a sanzioni (quali la
perdita del trattamento economico) comminate per violazione
dell'obbligo di reperibilità facente carico sul lavoratore medesimo
durante le cosiddette fasce orarie (D.L. n. 496 del 1983, art. 5, comma
14, conv. in L. n. 638 del 1983) - può integrare anche un inadempimento
sanzionabile (nel rispetto delle regole del contraddittorio poste
dall'art. 7 Stat. lav.) con una sanzione disciplinare, quale il
licenziamento disciplinare, ove la condotta del dipendente importi
anche la violazione di obblighi derivanti dal contratto di lavoro.

Quindi, al fine della giustificatezza del licenziamento, rileva la
violazione di un obbligo, quale quello di reperibilità, che inficia il
nesso fiduciario ex se, senza necessità che risulti la falsità della
allegazione della malattia.

La valutazione dell'incidenza di questa
violazione sul vincolo fiduciario è rimessa all'apprezzamento del
giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo sotto il
profilo della insufficienza o contraddittorietà della motivazione, non
potendo predicarsi invece - come fa il ricorrente - un generale difetto
di proporzionalità e quindi di inidoneità ad integrare un'ipotesi di
giusta causa di licenziamento.

Nella specie la Corte d'appello ha
correttamente preso le mosse in diritto dal principio secondo cui la
violazione dell'obbligo di reperibilità durante le fasce orarie
previste per le visite mediche ispettive costituisce ragione autonoma e
sufficiente non solo per l'applicazione della conseguenza di legge
automaticamente connessa (la perdita del trattamento economico, nei
limiti previsti dalla cit. L. n. 683 del 1983), ma anche per
l'irrogazione delle sanzioni disciplinari quali il licenziamento.

Quanto alla valutazione della gravità del fatto la Corte d'appello ha
osservato che l'inizio del periodo di congedo per malattia (il giorno
22.1.2005) è stato connotato da una riconosciuta indifferenza del
lavoratore rispetto all'obbligo di diligenza, atteso che egli non ebbe
ad avvisare in alcun modo la datrice di lavoro e neppure si recò quello
stesso giorno dal medico per munirsi della opportuna certificazione;
indifferenza che aveva una particolare connotazione di gravità stante
le mansioni specifiche del lavoratore - quelle di cuoco - che non erano
agevolmente fungibili. Aggiunge la Corte d'appello che tutto ciò si
saldava poi con la natura della patologia invalidante, successivamente
certificata, che non era sicuramente tale da impedire di provvedere
alla pronta e tempestiva comunicazione al datore di lavoro del luogo di
provvisoria dimora e per dare ragguagli sul luogo di sua pronta
reperibilità; ciò che invece il lavoratore omise di fare fino alla data
del suo rientro e cioè fino al 2.2.2005.

Osserva anche la Corte che la
prolungata ingiustificata assenza del lavoratore non poteva non aver
provocato disagi rilevanti per la società, soprattutto a causa della
rilevata qualifica specializzata da quello rivestita che implicava
specifiche difficoltà di sua sostituzione, specie in termini rapidi e
senza preavviso.

Infine la Corte d'appello ha considerato che la
stessa contrattazione collettiva applicabile al rapporto considerava
sufficiente un periodo di assenza ingiustificata protrattasi per più di
cinque giorni ai fini della applicazione della sanzione espulsiva;
limite nella specie ampiamente superato con conseguente ritenuta
congruità della sanzione rispetto all'addebito.

In definitiva i
giudici di merito, di primo e di secondo grado, hanno ritenuto che la
condotta contestata costituiva ragione di irreversibile lesione del
vincolo fiduciario e perciò idoneo supporto per l'adozione del più
grave dei provvedimenti disciplinari, vale a dire quello espulsivo.

4.
Anche il terzo motivo è infondato non sussistendo il denunciato vizio
di motivazione.

L'impugnata sentenza è infatti dotata di motivazione
ampia e coerente che, muovendo - come già rilevato - dall'enunciato
principio di diritto in ordine alla rilevanza, al fini della
legittimità del licenziamento disciplinare, della violazione
dell'obbligo di reperibilità, ha proceduto a valutare la gravità
dell'inadempimento considerando le peculiarità del caso di specie e
nient'affatto ipotizzando l'insussistenza della malattia del
lavoratore.

5. Il quarto motivo è inammissibile atteso che le
circostanze di fatto in ordine alle quali non è stata ammessa la prova
testimoniale da parte dei giudici di merito (assistenza del lavoratore
ammalato da parte della cugina in luogo diverso da quello dell'abituale
dimora; mancata consegna, da parte del coinquilino del lavoratore,
dell'avviso di presentarsi alla visita ambulatoriale) sono irrilevanti
considerato che i giudici di merito hanno ritenuto che la violazione
dell'obbligo di reperibilità in sè, e non già la (non ipotizzata)
insussistenza della malattia, avesse leso l'indefettibile vincolo
fiduciario del rapporto.

6. Infine il quinto motivo è parimenti
infondato.

La Corte d'appello ha fatto riferimento alla nozione legale
di giusta causa di licenziamento ed ha evocato la norma contrattuale
(art. 139 c.c.n.l. 10 febbraio 1999 per i dipendenti da aziende
turistiche) unicamente per trarre da essa un parametro di valutazione
al fine di verificare la proporzionalità della sanzione espulsiva
all'addebito; sanzione che la norma contrattuale raccorda all'assenza
ingiustificata per più di cinque giorni.

Gli artt. 116 e 117 del
medesimo contratto collettivo - e segnatamente l'art. 117 nella parte
in cui prevede come conseguenza della violazione dell'obbligo di
reperibilità in caso di malattia l'applicazione delle sanzioni previste
dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, art. 5, "nonchè l'obbligo
dell'immediato rientro in azienda" - non contraddicono la valutazione
fatta dai giudici di merito. Anzi il fatto che il lavoratore, assente
alla visita di controllo, non sia rientrato in azienda (nè - può
aggiungersi - abbia comunicato il luogo, diverso dall'abituale dimora,
in cui era reperibile), come prescritto dalla citata norma
contrattuale, comporta proprio che il prolungamento dell'assenza, in
mancanza di una situazione di impedimento che giustifichi la mancata
reperibilità, sia stato considerato da tale normativa come assimilabile
all'assenza ingiustificata ed autorizza la considerazione dei Giudici
di merito che, al fine di valutare la gravità dell'inadempimento, hanno
anche tenuto conto della previsione dell'art. 139 cit., che appunto
prevede la sanzione espulsiva in caso di assenza ingiustificata
protrattasi per più di cinque giorni.

6. Il ricorso va quindi
rigettato.

Sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti
le spese di questo giudizio di cassazione (ex art. 92 c.p.c., comma 2,
come sostituito dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2) stante la
peculiarità del caso di specie.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
compensa tra le parti le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso
in Roma, il 17 dicembre 2007.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio
2008


 

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