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lunedì 27 ottobre 2014

Cassazione: Il riposo compensativo non è assimilabile a quello settimanale né al festivo Il beneficio è accordato a recupero delle maggiori prestazioni rese settimanalmente per effetto della concentrazione in cinque giornate dell'orario settimanale (di 36 ore) e del superamento del limite di durata della prestazione giornaliera



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LAVORO (RAPPORTO)
Cass. civ. Sez. lavoro, 10-03-2009, n. 5710

Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo


Con ricorso del 5 agosto 1999 G.L. ed altri dipendenti della FONDAZIONE (OMISSIS) chiesero che il Tribunale di Bari riconoscesse loro il diritto di percepire l'indennità di effettiva presenza al lavoro anche nei giorni di riposo compensativi.
Il Tribunale accolse la domanda. Con sentenza del 14 giugno 2005 la Corte d'Appello di Bari respinse l'impugnazione.
Poichè contiene tutti gli elementi sufficienti per giungere attraverso semplici calcoli matematici alla condanna, il ricorso è valido.
Poichè il riposo compensativo si riferisce ai giorni di assenza preordinata dal lavoro effettuato, accordati a recupero delle maggiori prestazioni rese a settimane alterne (per effetto della concentrazione del lavoro in 5 giornate lavorative e del superamento del limite di durata della prestazione giornaliera), l'indennità deve essere riconosciuta anche nelle giornate che, per definizione, costituiscono l'equivalente d'una giornata lavorativa.
Per la cassazione di questa sentenza la FONDAZIONE (OMISSIS) propone ricorso, articolato in due motivi e coltivato con memoria; gli iniziali ricorrenti resistono con controricorso.

Motivi della decisione


1. Con il primo motivo, denunciando violazione dell'art. 414 cod. proc. civ. nonchè difetto e contraddittorietà della motivazione, la ricorrente sostiene che nei ricorsi introduttivi non erano stati allegati "i fatti minimi necessari" anche per chiedere la condanna generica.
In particolare, i ricorrenti avevano posto a fondamento della domanda il fatto che l'attività lavorativa è articolata in tre turni; non avevano tuttavia allegato lo svolgimento di mansioni articolate in un dato orario contrattuale, nè che l'orario di lavoro si svolgeva su base bisettimanale.
In tal modo, mancava qualsiasi indicazione in merito a quali e quanti giorni di assenza dal servizio devono essere considerati come riposi compensativi, nonchè l'indicazione dei motivi per i quali i giorni di assenza sarebbero da quantificarsi come riposi compensativi.
Avendo effetto pregiudiziale, l'inammissibilità della domanda non può essere sanata dalla costituzione del convenuto che eccepisca anche l'infondatezza della domanda stessa.
La sentenza è errata e viola il disposto dell'art. 414 cod. proc. civ. in quanto ha escluso la nullità del ricorso, sul presupposto che le circostanze omesse (i turni lavorativi, le giornate di assenza) erano state ammesse pacificamente dall'ente nel corso del giudizio.
2. Il motivo è infondato. come affermato da questa Corte, per la nullità del ricorso introduttivo ex art. 414 cod. proc. civ., non è sufficiente l'omessa indicazione in modo formale dell'oggetto della domanda o degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui la stessa si fonda, ma è necessario che sia omesso o del tutto incerto il petitum, nel senso che non ne sia possibile l'individuazione attraverso l'esame complessivo dell'atto (Cass. 18 giugno 2002 n. 8839).
Nel caso in esame, il petitum era la condanna generica al pagamento di quanto dovuto per l'indennità di turno, con riserva di agire con separata domanda giudiziale per la condanna specifica al pagamento della somma effettivamente dovuta.
Come affermato dalla sentenza impugnata, il thema decidendi era costituito dall'interpretazione dell'art. 44 C.C.N.L., ed in particolare del significato del termine "riposo compensativo".
Ciò era stato indicato in modo chiaro ed completo, come il giudice di merito ha accertato.
Poichè la questione dedotta in controversia era costituita da un problema giuridico, gli elementi materiali (quali e quanti giorni lavorativi) e contabili, attenendo alla determinazione del quantum, erano estranei al fondamento ed all'oggetto della domanda.
3. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c. e segg. nonchè vizio e contraddittorietà della motivazione, la ricorrente sostiene che:
3.a. nella ricerca della comune volontà delle parti stipulanti un contratto collettivo, criterio prioritario di ermeneutica è il senso letterale delle pattuizioni: quando l'effettiva volontà è palese, un'ulteriore interpretazione è inammissibile;
3.b. l'art. 20 C.C.N.L. riconosce il diritto al riposo compensativo soltanto nel caso in cui il lavoratore sia costretto a rinunciare ad un giorno di riposo ordinario;
3.c. il giudicante "ha dato per scontato, senza indicare gli elementi ed i criteri utilizzati, che la funzione dell'indennità di turno presupponga che debbano essere qualificate come di riposo compensativo le giornate di riposo dal servizio, arbitrariamente equiparate dallo stesso giudice di secondo grado a giornate lavorative";
3.d. l'articolazione secondo criteri di flessibilità è demandata dal CCNL alla contrattazione decentrata: materia disciplinata da tale contrattazione è anche la qualificazione delle giornate di riposo compensativo;
3.e. "attraverso l'articolazione dell'orario di lavoro su base bisettimanale, i giorni di assenza dal lavoro derivanti dalla diversa distribuzione dell'orario lavorativo sono stati espressamente qualificati in sede di contrattazione aziendale come giorni di riposo (equiparabili quindi alla giornata del sabato) e non come giorni equivalenti a giornate lavorative; il quinto giorno di assenza dal lavoro, derivante dall'articolazione in regime di flessibilità dell'orario lavorativo non è qualificabile come riposo compensativo, non trattandosi di riposo goduto a seguito della prestazione di ore straordinarie";
3.f. per tali giorni di assenza non è pertanto dovuta l'indennità di turno di cui all'art. 4 C.C.N.L.;
3.g. il D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 1 (applicabile anche nel periodo antecedente all'ingresso del predetto Decreto, trattandosi di norme attuative di due direttive europee emanate rispettivamente negli anni 1993 e 2000) definisce come "orario di lavoro" qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o funzioni, e "periodo di riposo" qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro: non è pertanto possibile equiparare fittiziamente a giornate lavorative giorni invece di riposo;
3.h. anche secondo l'art. 3 del predetto Decreto, sono da qualificarsi come giorni di riposo compensativo le giornate non lavorate a fronte del ricorso a prestazioni di carattere straordinario; e la contrattazione collettiva non può porsi in contrasto con la disciplina giuridica degli istituti legali;
3.h. "in caso di espletamento del normale orario lavorativo in regime di flessibilità, non facendosi ricorso al lavoro straordinario, i lavoratori non usufruiscono invece di giorni di riposo compensativo":
l'indennità di turno non è dovuta.
4. Anche il secondo motivo del ricorso è infondato. Questa Corte, in tema di rapporto di lavoro del personale ferroviario, ha affermato quanto segue:
"In consonanza con il precetto generale inderogabile dell'art. 2109 c.c. e segg. e art. 36 Cost. (che impone di considerare festivo un solo giorno della settimana anche allorquando l'orario di lavoro sia distribuito su 5 giorni) le disposizioni speciali di cui alla L. n. 591 del 1969, al D.P.R. 9 novembre 1971, n. 1372, alla L. 16 settembre 1977, n. 1188 ed al D.P.R. 23 giugno 1982, n. 374 (recante sostituzione del capo 2^ del D.P.R. n. 1372 del 1971) evidenziano che ai lavoratori turnisti dev'essere attribuito un solo giorno di riposo settimanale e che da esso si devono distinguere i gironi di riposo compensativi, accordati a recupero delle maggiori prestazioni da essi settimanalmente rese per effetto, da un lato della concentrazione in 5 giornate dell'orario settimanale (di 36 ore) e dall'altro del superamento del limite di durata della prestazione giornaliera (in dipendenza dell'organizzazione del servizio in turni di lavoro di 8 ore per un totale di 40 ore la settimana), di modo che i giorni suddetti non possono considerarsi festivi od assimilarsi al giorno di riposo settimanale" (Cass. 14 giugno 2002 n. 8605; la decisione trova risonanza in Cass. 12 luglio 2002 n. 10184, ed in Cass. 18 novembre 2002 n. 16234).
Questa affermazione, avendo fondamento in un più generale principio, coinvolge anche rapporti di lavoro diversi da quelli del personale ferroviario.
E resta pertanto applicabile anche nei rapporti di lavoro disciplinati dal Contratto collettivo nazionale di lavoro vigente per il Comparto della Sanità pubblica.
Le argomentazioni addotte dalla ricorrente non appaiono idonee a negare l'indicato principio.
5. Il ricorso deve essere respinto. E la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.


La Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 24,00 oltre ad Euro 2.000,00 per onorario, ed oltre alle spese generali e ad IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2009

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