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lunedì 27 ottobre 2014

Consiglio di Stato: Intercettazioni telefoniche non autorizzate: sì al trasferimento del poliziotto per incompatibilità ambientale La circostanza che l'agente in secondo grado sia stato assolto non rileva. E nemmeno si può pretendere che l'Amministrazione conosca e interpreti le esigenze e le difficoltà familiari dei propri dipendenti quando non vengono rappresentate



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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.1675/09
Reg.Dec.
N. 4694 Reg.Ric.
ANNO   2004
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.4694/2004 proposto dal Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è ex lege domiciliato, costituitosi in giudizio; 
contro
@@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dall’avv. ---costituitosi in giudizio;
per la riforma e/o l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’ Emilia Romagna- Bologna, Sez. I, n.  1565/2003 del 19/9/2003;
     visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
     visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato e la memoria da questi depositata;
     visti gli atti tutti di causa;
     relatore, alla pubblica udienza del 3 febbraio 2009, il Consigliere -
     Udito  l’ Avvocato dello Stato ---
     Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

FATTO

     Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era stato chiesto dall’odierno appellato l’annullamento  del decreto del Capo della Polizia, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza presso il Ministero dell’Interno, in data 13 marzo 2002 n. 333-D/4780 e della nota n. 333.D/4780 del 28.12.2001 della Direzione Centrale per le Risorse Umane di riattivazione del procedimento per trasferimento d’ufficio prima sospeso con nota n. 33-D/4780 del 28.5.2001.
     In punto di fatto era accaduto che a seguito di una condanna in primo grado per intercettazioni telefoniche non autorizzate dalla competente A.G., @@@@@@@ @@@@@@@, Assistente della Polizia di Stato,  era stato trasferito per incompatibilità ambientale dal Commissariato di @@@@@@@ alla Questura di @@@@@@@ (provvedimento del  13 marzo 2002 del Capo della Polizia).
     Poiché, in sede di partecipazione al procedimento, l’Assistente @@@@@@@ aveva indicato come destinazione preferenziale la Polizia Stradale di @@@@@@@ ed aveva rappresentato situazioni familiari e personali non considerate dalla P.A., egli aveva lamentato, tra l’altro, la omessa valutazione delle sue memorie e il difetto di motivazione al riguardo.
     I primi Giudici hanno accolto il gravame ritenendo essere stato non correttamente esercitato l’ampio potere discrezionale spettante all’amministrazione in subiecta materia sotto il profilo della carenza motivazionale.
     Non era stato dato, infatti, secondo i primi Giudici,  alcun conto di una avvenuta comparazione tra le peculiari esigenze familiari dell’interessato, con particolare riguardo alla necessità della presenza paterna in relazione alle condizioni di salute della madre, e le esigenze dell’Amministrazione, con ricognizione di tutte le sedi disponibili e della rispettiva compatibilità ambientale. Tant’è che, successivamente all’atto impugnato, egli era stato nuovamente trasferito a sede più vicina.
     Avverso la sentenza in epigrafe l’amministrazione ha proposto un articolato appello. Ha rammentato che, inizialmente, l’appellato aveva chiesto di essere trasferito alla Polstrada di @@@@@@@ (cioè ad altro ufficio della stessa città) senza rappresentare alcuna esigenza familiare.
     Soltanto nella istanza del 25.5.2002 egli rese edotta l’amministrazione di tali problematiche: esse furono  prontamente prese in considerazione, tanto che da @@@@@@@ fu trasferito a Bologna (come dallo stesso Tar rilevato).
     Nessun vizio motivazionale era pertanto riscontrabile nell’operato dell’amministrazione: la sentenza appellata, in quanto errata, meritava, conclusivamente, di essere annullata.
     L’appellato si è costituito depositando una articolata memoria e chiedendo la reiezione del gravame perché infondato: l’azione amministrativa era gravemente viziata, mascherando un vero e proprio provvedimento punitivo a connotato disciplinare, e doveva essere confermata la statuizione annullatoria resa dal Tar.
     Ha poi riproposto i motivi di doglianza contenuti nel  ricorso di primo grado assorbiti o comunque non esaminati dal Tar, facendo presente che in grado di appello la sentenza di condanna inflittagli dal Tribunale penale di Forlì (a propria volta, quest’ultima, estremamente riduttiva rispetto alla ipotesi di accusa, posto che egli era stato assolto da numerose imputazioni e condannato per reati minori) era stata ribaltata ed egli era stato assolto da ogni imputazione.
     Ha reiterato le doglianze relative alla circostanza che non era stato tenuto in conto il proprio eccellente stato di servizio pregresso; che dopo la condanna i propri superiori gli avevano ribadito fiducia ed apprezzamento, che le proprie esigenze di famiglia (così come quelle di ogni altro dipendente) erano ben note all’amministrazione già prima dell’avvio del procedimento di trasferimento.    
     All’adunanza camerale  del 29.7.2004, fissata per l’esame della domanda di sospensione della esecutività dell’appellata decisione, la Sezione ha accolto  l’istanza di sospensione della esecutività dell’appellata decisione.
DIRITTO
     La sentenza deve essere annullata previa declaratoria di fondatezza dell’appello.
     Deve in via preliminare premettersi che la Sezione ha avuto già in passato occasione di precisare che “l'art. 55 comma 5, d.P.R. 24 aprile 1982 n. 335 è una norma elastica, c.d. del terzo tipo (rispetto a quelle del primo tipo - puramente descrittive - e a quelle del secondo tipo - che vanno integrate con concetti giuridici o comunque determinati -), per la cui interpretazione è richiesto un giudizio di valore, ancorato a principi generali dell'ordinamento o a standards sociali di settore e tale interpretazione compete, nel sistema del diritto amministrativo italiano, alla pubblica amministrazione, residuando al giudice un controllo limitato alla ragionevolezza dei parametri utilizzati, ovvero alla coerenza dell'operazione ermeneutica condotta.” (Consiglio Stato , sez. VI, 05 giugno 2007, n. 2967).
     Quanto poi alla natura dei provvedimenti del genere di quello oggetto dell’odierna impugnazione, se ne è tradizionalmente affermata la assenza di connotazione disciplinare, essendosi condivisibilmente affermato che “il  trasferimento per incompatibilità ambientale consegue ad una valutazione ampiamente discrezionale dei fatti che possono sconsigliare la permanenza in una determinata sede, senza per ciò assumere carattere sanzionatorio, sì che la sua adozione non presuppone né una valutazione comparativa dell'amministrazione in ordine alle esigenze organizzative dei propri uffici né l'espressa menzione dei criteri in base ai quali vengono determinati i limiti geografici dell' incompatibilità ai fini dell'individuazione della sede più opportuna, né può essere condizionata dalle situazioni personali e familiari del dipendente, che ovviamente recedono di fronte all'interesse pubblico alla tutela del buon funzionamento degli uffici e del prestigio dell'amministrazione stessa.”. (Consiglio Stato , sez. IV, 10 luglio 2007, n. 3892).
     A ciò può aggiungersi che l’ampia discrezionalità di cui gode l’amministrazione, sindacabile secondo i consueti parametri della abnormità/travisamento del fatto, si giustifica nella esigenza di tutelare valori non soltanto (seppur importantissimi) dell’amministrazione, ma anche riferibili al dipendente ed a tutela del sereno operato del medesimo.
     Si è pertanto in passato affermato in passato che “ai fini dell'adozione di un provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale di un agente di pubblica sicurezza, ai sensi dell'art. 55 comma 4, d.P.R. n. 335 del 1982, è sufficiente che dal provvedimento emergano elementi logici e chiari i quali siano adeguati a rendere la figura dell'agente offuscata da ombre idonee a nuocere, attraverso la sua persona, al prestigio dell'amministrazione e alla stessa funzionalità dei compiti di istituto.”( Consiglio Stato , sez. VI, 30 maggio 2007, n. 2759).
     Nel caso di specie, avuto riguardo agli elementi dianzi sintetizzati, (in ordine ai quali, come si evince dalla documentazione in atti parte appellante, ha avuto modo di interloquire funditus) la situazione nella quale l’appellante si è venuto a trovare a cagione del processo penale subito per condotte direttamente riconducibili ai compiti d’istituto legittimava ampiamente l’adozione da parte dell’amministrazione dei provvedimenti impugnati.
     Non ignora, invero, la Sezione, i propri pregressi arresti giurisprudenziali a tenore dei quali si è affermato che “è vero che l'amministrazione, nell'individuazione della sede di destinazione di un dipendente trasferito per incompatibilità ambientale è dotata di poteri discrezionali correlati anche alle esigenze di pubblico interesse da soddisfare, ma un trasferimento siffatto non ha carattere sanzionatorio e l'art. 55 D.P.R. 24 aprile 1982 n. 335, prescrive che l'amministrazione deve tener conto, nel disporlo, anche della situazione di famiglia del dipendente, onde essa non può esimersi dall'obbligo di una puntuale motivazione circa le ragioni per le quali individui una determinata sede anziché altre, in ipotesi, meno disagevoli per l'interessato.” (Consiglio Stato , sez. VI, 06 settembre 2005, n. 4531).
     Detti principi si innestano in un solco già tracciato, che costituisce ormai jus receptum ( ex multis, in passato, si veda Consiglio Stato , sez. IV, 27 febbraio 1996, n. 187).
     Tuttavia tali esigenze - che  come rammentato sono comunque recessive rispetto ai superiori interessi dell’amministrazione, dovendo essere valutate secondo il canone della compatibilità- contrariamente a quanto esposto nella memoria dell’appellato (e da quanto ritenuto dai primi Giudici) non sono state mortificate nel caso di specie dall’amministrazione.
     Deve in proposito osservarsi che il provvedimento impugnato in primo grado, reca la data del 13 marzo 2002.
     La nota con la quale l’appellato chiese il riesame del provvedimento e, al contempo, rappresentò diffusamente le proprie esigenze familiari all’amministrazione, risale al 25 maggio 2002: e nel rappresentare le proprie esigenze familiari, egli richiese di essere destinato presso altre sedi (tra le quali quella di Bologna, ove fu poi effettivamente destinato il 26.7.2002).
     Orbene, in disparte le considerazioni prima svolte in ordine alla astratta recessività delle esigenze familiari nell’ipotesi in cui si valuti la compatibilità ambientale di un pubblico dipendente, deve evidenziarsi che al momento in cui fu reso il provvedimento impugnato in primo grado, l’amministrazione non era stata resa edotta delle esigenze dell’appellato.
     Né dicasi che avrebbe dovuto conoscerle aliunde, posto che, se è ovvio (come sostenuto dall’appellato nella propria memoria) che siano noti e conosciuti dall’amministrazione dati anagrafici e composizione familiare del dipendente, non certo può essere preteso che l’amministrazione ex officio conosca ed interpreti (o prevenga, sarebbe meglio affermare) esigenze ed aspirazioni del nucleo familiare dei propri dipendenti ovvero difficoltà familiari/personali dei medesimi.
     L’amministrazione, poi, modificò il provvedimento impugnato in senso conforme alle (subordinate) esigenze dell’appellato in tempi assolutamente solleciti.
     La appellata decisione ha omesso di considerare tali elementi;  ha apoditticamente ritenuto che l’amministrazione ben conoscesse (e non avesse di conseguenza adeguatamente ponderato) le esigenze familiari dell’appellato: essa merita riforma, in accoglimento dell’appello proposto dall’amministrazione.
     Sotto altro profilo, nessuna delle doglianze avanzate in primo grado e riproposte dall’appellato con memoria merita positiva valutazione.
     La circostanza che egli in secondo grado sia stato assolto, oltre a costituire un post-factum, non incide sulla legittimità della valutazione della incompatibilità ambientale (che ben può sussistere in relazione alla sola circostanza di essere stati sottoposti a procedimento penale); la richiesta di essere trasferito presso la stessa sede @@@@@@@te, sia pur in un diverso settore operativo, appare (e tale è stata ritenuta anche dai primi Giudici)  palesemente inaccoglibile, non rimuovendosi in tal modo alcuna delle esigenze sottese al provvedimento. Alla valutazione di piena legittimità di quest’ultimo non ostano, ovviamente, le pregresse note positive rese dall’amministrazione in favore dell’appellato, (il provvedimento di trasferimento non può che avere luogo al momento della conoscenza da parte dell’amministrazione dei fatti ad esso sottesi e su quei fatti, esclusivamente, si sostanzia, poiché altrimenti argomentando, sarebbe sufficiente la circostanza di essere stato positivamente valutato in passato, per “conquistare” una immunità futura da iniziative disciplinari dell’amministrazione di appartenenza) né elementi di merito al più rilevanti nel procedimento penale (quale la prospettazione secondo cui  egli sarebbe stato processato per avere eseguito ordini superiori) ovvero quella che avrebbe continuato a godere della stima e della fiducia dei propri colleghi e dipendenti.
     Deve conclusivamente essere  evidenziata la circostanza che l’appellante fu – alla fine, ed in accoglimento della propria istanza di riesame e dell’ordinanza cautelare del Tar- trasferito in una sede ricadente nella medesima regione rispetto al sito ove esercitava la propria attività;  interloquendo con l’amministrazione nella fase prodromica all’emissione dell’impugnato provvedimento, egli non ebbe a prospettare alcuna particolare esigenza di natura familiare che rendesse preferibile una destinazione di servizio rispetto ad un’altra ovvero ostasse a quella prescelta dall’amministrazione .
     Conclusivamente, l’appello deve pertanto essere accolto, con conseguente riforma della sentenza in epigrafe e reiezione del ricorso di primo grado.
     Possono essere compensate le spese processuali sostenute dalle parti.
P.Q.M.
     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe lo accoglie e per l’effetto in riforma dell’appellata sentenza respinge il ricorso di primo grado.
     Spese compensate.
     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
     Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2009, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez. VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
-
 
Presidente
-
Consigliere       Segretario
-
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/03/2009
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
-


 
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
 
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
 
al Ministero..............................................................................................
 
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
 
                                    Il Direttore della Segreteria


N.R.G. 4694/2004


FF

  

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