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giovedì 23 giugno 2016

Corte dei Conti carabinieri - Risarcimento del danno all’immagine inferto all’Arma dei Carabinieri.



arabinieri - Risarcimento del danno all’immagine inferto all’Arma dei Carabinieri.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE
FRIULI VENEZIA GIULIA
composta dai magistrati
Dr. Enrico Marotta                                  Presidente
Dr. Paolo Simeon                                  Consigliere
Dr. Alberto Rigoni                       Primo Referendario relatore
Uditi, nella pubblica udienza del 18 marzo 2010, con l’assistenza del segretario Dr. Anna DE ANGELIS, il relatore Primo Referendario Dott. Alberto RIGONI,  il P.M. nella persona del Procuratore Regionale Dott. Maurizio ZAPPATORI, l’Avv. - del Foro di Trieste per @@@@@@@ @@@@@@@, l’Avv.-del Foro di Trieste per @@@@@@@ @@@@@@@ e l’Avv. --per @@@@@@@ @@@@@@@;
visti gli atti e i documenti tutti di causa;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 12347 del Registro di segreteria, promosso ad istanza del Procuratore Regionale presso la Sezione Giurisdizionale per la Regione Friuli Venezia Giulia Dott. Maurizio Zappatori nei confronti di @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dall’Avv. -del Foro di Trieste ed elettivamente domiciliato in Trieste presso il suo studio legale, come da mandato a margine della comparsa di costituzione, di @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dagli Avv.ti -te, ed elettivamente domiciliato presso lo studio legale di quest’ultima per mandato a margine della comparsa di costituzione, e di @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dagli Avv.ti -, ed elettivamente domiciliato in Trieste presso lo studio legale dell’Avv. - come da delega a margine della comparsa di costituzione e risposta;
FATTO
Con atto di citazione del 1.10.2009 la Procura Regionale presso la Corte dei conti cita in giudizio @@@@@@@ @@@@@@@, @@@@@@@ @@@@@@@ e @@@@@@@ @@@@@@@  per sentirli condannare al pagamento della somma di € 60.000,00 ripartita per il 50% in capo al @@@@@@@ e per il 25% in capo al @@@@@@@ e al @@@@@@@, ma in solido per l’intero totale, quale risarcimento del danno all’immagine inferto all’Arma dei Carabinieri.
Ai convenuti venivano applicate dal Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale di Trieste, con sentenza emessa ai sensi degli artt. 444 e ss. c.p.p. in data 12.01.2009, le seguenti pene detentive : per @@@@@@@ @@@@@@@ anno uno, mesi dieci e giorni cinque di reclusione sostituita con la semidetenzione per uguale periodo; per @@@@@@@ @@@@@@@ anno uno, mesi dieci di reclusione; per @@@@@@@ @@@@@@@ anno uno e mesi dieci tutti per i reati di concussione in concorso, mentre per i soli @@@@@@@ e @@@@@@@  per falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico in concorso. Con la predetta sentenza ai condannati veniva concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Si era proceduto contro i predetti per fatti avvenuti nel periodo compreso tra gennaio 2007 e febbraio 2008 quando, secondo l’imputazione mossa nei confronti dei  convenuti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Trieste, in qualità di militari dell’Arma dei Carabinieri in servizio presso la Compagnia di @@@@@@@ (@@@@@@@), in più azioni criminose e nel corso del servizio di pattugliamento su strada svolto in divisa e con vettura d’istituto, abusando dei loro poteri e della loro qualità, e dopo aver intimato l’alt ad alcuni veicoli in transito, avrebbero minacciato i conducenti di autoarticolati e furgoni di elevare pesanti sanzioni pecuniarie, paventando in alcuni casi il fermo amministrativo del mezzo, per indurre le vittime a farsi consegnare indebitamente delle somme di denaro come condizione necessaria per proseguire il viaggio. Contro @@@@@@@ e @@@@@@@ la Procura della Repubblica ha agito anche per aver attestato nei fogli di servizio controlli ad altri soggetti in luoghi e tempi diversi da quelli effettivi, onde crearsi l’impunità dai delitti di concussione e per impedirne a posteriori  la loro identificazione.
La Procura contabile rileva la gravità del comportamento tenuto dai militari e la violazione degli obblighi di fedeltà, imparzialità e trasparenza, con evidente deviazione dal comportamento istituzionale e con grande clamore presso l’opinione pubblica a seguito della diffusione delle notizie a mezzo stampa.
Contesta ai convenuti un danno all’immagine inteso quale danno conseguente alla perdita del prestigio e al grave detrimento dell’immagine e della personalità della pubblica amministrazione.
Richiama gli orientamenti giurisprudenziali in base ai quali il danno all’immagine ha natura di danno esistenziale secondo i principi enunciati dalla pronuncia delle SS.RR. di questa Corte n. 10/QM/2003.
In merito alla quantificazione del danno, la Procura sostiene la possibilità di prescindere dalle spese effettivamente sostenute per il ripristino del bene immateriale leso o dall’analitica dimostrazione dei costi per la reintegrazione, essendo sufficiente fornire anche un principio di prova e potendo il convincimento del giudice fondarsi su circostanze ed elementi disparati.
Invoca il criterio equitativo di cui all’art. 1226 c.c. secondo parametri di natura soggettiva, oggettiva e sociale.
Sotto il profilo soggettivo va considerata la particolare posizione dei convenuti, tutti appartenenti all’Arma dei Carabinieri.
Sotto il profilo oggettivo va considerata la gravità dei comportamenti illeciti, percepiti come particolarmente odiosi dall’opinione pubblica tali da condurre ad  un clima di sospetto nei confronti della generalità dei funzionari pubblici.
Sotto il profilo sociale l’importanza dell’Arma dei Carabinieri comporta che gli atteggiamenti illeciti assunti dai propri appartenenti producono un effetto di sfiducia generale per tutti i cittadini.
Pertanto la Procura contabile quantifica un danno complessivo di € 60.000,00, suddiviso per il 50% in capo al @@@@@@@, più alto in grado e capo pattuglia degli altri incolpati, e per il 25% in capo a @@@@@@@ e @@@@@@@, ferma restando la responsabilità solidale per ciascuno sull’intero importo, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese del giudizio.
Con comparsa di costituzione depositata il 24 febbraio 2010 si costituisce in giudizio @@@@@@@ @@@@@@@ con il patrocinio dell’Avv. -
Nella comparsa il convenuto afferma di aver sempre riconosciuto la propria responsabilità e non contesta i fatti posti a fondamento dell’azione della Procura contabile. Sostiene tuttavia la perfetta condivisione dei ruoli dei tre convenuti ai fini della ripartizione del risarcimento del danno.
In merito al clamore suscitato dalla vicenda fa presente che la stampa si è occupata della vicenda solo dopo l’arresto del @@@@@@@ e del @@@@@@@, senza quindi alcun discredito per l’Arma, che avrebbe agito con il massimo rigore e che si sarebbe occupata delle indagini.
Afferma di essere stato prontamente espulso dall’Arma dei carabinieri e richiama quindi la sentenza della Corte dei conti, I Sez. App. 19.10.2006, n. 205, secondo la quale andrebbe escluso il danno all’immagine in occasione di un licenziamento del dipendente, fornendo in tal modo all’opinione pubblica un esempio di correttezza teso ad elidere gli effetti pregiudizievoli dei comportamenti illeciti.
In subordine chiede l’applicazione del potere riduttivo dell’addebito per l’inesistenza di sovrapposizione gerarchica nei confronti degli altri due convenuti, la tenuità dell’illecito profitto, l’insussistenza di danno diretto all’Amministrazione, l’attivazione tempestiva del procedimento disciplinare, l’atteggiamento ammissivo e la mancanza di mezzi di sostentamento economico, il tutto con vittoria di spese, diritti e onorari.
Con comparsa di costituzione depositata il 28 febbraio 2010 si costituisce in giudizio @@@@@@@ @@@@@@@ con il patrocinio degli Avv.ti -
Sostiene di non aver portato discredito all’Arma dei carabinieri, masi  dichiara vittima della condotta di chi ha diffuso notizie che avrebbero dovuto essere gestite con cura e non offerte in pasto alla morbosa curiosità degli organi di stampa.
Evidenzia che le contestazioni sono state a lui mosse ex art. 40 cpv c.p. per non aver impedito un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire e che si trovava in posizione subordinata rispetto al capo pattuglia @@@@@@@, il quale avrebbe sottoscritto anche i verbali asseritamente falsi.
Riferisce di aver più volte chiesto il trasferimento per aver notato condotte non corrette poste in essere dal suo superiore, e di non averlo denunciato per timore di ritorsioni.
In merito alla richiesta di risarcimento del danno all’immagine richiama l’art. 445 c.p.p. in base al quale la sentenza emessa a  seguito di applicazione della pena su richiesta non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi.
Chiede pertanto il rigetto della domanda della Procura attrice, con rifusione delle spese di lite, evidenziando l’eccessiva onerosità della pretesa risarcitoria.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata il 26 febbraio 2010 si costituisce in giudizio @@@@@@@ @@@@@@@ con il patrocinio degli -
Il convenuto @@@@@@@ sostiene di aver chiesto l’applicazione della pena su richiesta ai sensi degli artt. 444 e ss. c.p.p. a causa di una strategia processuale legata a valutazioni di opportunità.
Stigmatizza il comportamento dei camionisti fermati animati, a suo dire, da uno spirito di rivalsa, il cui atteggiamento può, consentire di configurare un reato di corruzione e non di concussione.
Sostiene che il convenuto @@@@@@@ @@@@@@@ ha avuto, nei fatti di cui alla sentenza di applicazione della pena, un ruolo predominante.
Contesta i fatti di cui al capo sub 8) della sentenza del G.I.P. presso il Tribunale di Trieste del 12.01.2009 (concussione continuata in concorso)  in quanto ge@@@@@@@ci e non dimostrabili.
Inoltre contesta la quantificazione del danno di cui alla citazione, affermando che la somma di 60.000,00 euro è eccessiva in relazione alle proprie capacità economiche e al ruolo marginale assunto nella vicenda.
Conclude per il rigetto della domanda o, in subordine, per la declaratoria di minimo apporto del @@@@@@@ alla produzione del danno con riduzione della pretesa risarcitoria, il tutto con vittoria di spese, diritti e onorari. 
   All’udienza del 18 marzo 2010 il Procuratore Regionale ha concluso confermando le richieste di condanna per tutti i convenuti come formulate in atto di citazione.
L’Avv. De Marchi per il convenuto @@@@@@@ insistendo per la declaratoria d’identica corresponsabilità tra tutti i convenuti e concludendo come in atti.
L’Avv. Giacomini per il convenuto @@@@@@@ ha negato l’autorità di giudicato sostanziale della sentenza di patteggiamento nei giudizi civili e amministrativi e ha concluso come in atti.
L’Avv. Bergamasco per il convenuto @@@@@@@ ha sottolineato l’irrilevanza del clamore dei fatti e ha concluso come in comparsa di costituzione e risposta.
DIRITTO
Il presente giudizio concerne un’ipotesi di danno all’immagine di una pubblica amministrazione, e nello specifico dell’Arma dei Carabinieri, in conseguenza del comportamento di tre ex militari i quali, in servizio presso la Compagnia di @@@@@@@ (@@@@@@@), in più azioni criminose e nel corso del servizio di pattugliamento su strada, abusando dei loro poteri e della loro qualità, dopo aver intimato l’alt ad alcuni veicoli in transito, avrebbero minacciato i conducenti di autoarticolati e furgoni di elevare pesanti sanzioni pecuniarie, paventando in alcuni casi il fermo amministrativo del mezzo, per indurre le vittime a farsi consegnare indebitamente delle somme di denaro come condizione necessaria per proseguire il viaggio.
Per questi fatti, sui quali è intervenuta una sentenza del Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Trieste del 12 gennaio 2009 con la quale venivano applicate, ai sensi degli artt. 444 e ss. c.p.p., pene detentive ai tre convenuti, con la sospensione condizionale,  la Procura contesta un danno ingiusto all’immagine dell’amministrazione di appartenenza a causa del clamor fori che ha accompagnato la vicenda con particolare risalto sugli organi della stampa locale.
Preliminarmente va affrontata la questione relativa ai rapporti tra il giudizio penale conclusosi con sentenza di applicazione della pena su richiesta dell’imputato (il c.d. “patteggiamento”) e il giudizio contabile, stante l’eccezione sollevata dal convenuto @@@@@@@ secondo la quale detta sentenza non avrebbe autorità di giudicato sostanziale nell’ambito dei processi civili e amministrativi.
All’esito del processo penale ai convenuti venivano applicate, con la citata sentenza, le seguenti pene detentive : per @@@@@@@ @@@@@@@ anno uno, mesi dieci e giorni cinque di reclusione sostituita con la semidetenzione per uguale periodo; per @@@@@@@ @@@@@@@ anno uno, mesi dieci di reclusione; per @@@@@@@ @@@@@@@ anno uno e mesi dieci tutti per i reati di concussione in concorso, mentre per i soli @@@@@@@ e @@@@@@@  per falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico in concorso. Con la predetta sentenza ai condannati veniva concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il Collegio ritiene di aderire al consolidato orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione in base al quale la sentenza penale di condanna emessa a seguito dell’applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. “patteggiamento”) costituisce nel processo civile, e quindi a tutti gli effetti nel processo contabile, un importante elemento di prova.
E’ ben vero che il processo penale non ha trovato una conclusione con una sentenza di condanna emessa a seguito di pubblico dibattimento (che avrebbe con evidente chiarezza accertato i fatti di cui alle imputazioni), ma con una sentenza di “patteggiamento” che, ai sensi dell’art. 445, comma  1 bis, c.p.p. come introdotto dalla legge 12 giugno 2003, n. 134, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi.
Questo significa che la Procura contabile non si può limitare ad invocare la condanna dei convenuti sulla base della semplice sentenza di applicazione della pena emessa all’esito del processo penale, ma ha l’onere di provare il danno erariale ulteriore.
Il Giudice Contabile, infatti, può valutare secondo il suo prudente apprezzamento ai sensi dell’art. 116 c.p.c. la stessa sentenza, gli elementi emersi nel processo concluso con il  “patteggiamento” ed i fatti rappresentati dal Procuratore contabile e dai convenuti in considerazione del valore probatorio che essi rivestono (Corte dei conti, Sez. I Appello, 2 dicembre 2005, n. 399; Sez. Lombardia 31 luglio 2001, n. 1156).
Se quindi la sentenza di “patteggiamento” non può costituire un accertamento insuperabile di responsabilità, è altrettanto vero che gli elementi probatori contenuti nella sentenza possono esser disattesi solo attraverso la dimostrazione dell’inattendibilità dei fatti emersi nel giudizio penale (Corte dei conti, Sez. Trentino  Alto Adige, 28 luglio 2003, n. 62). Pertanto nel giudizio contabile, pur non essendo preclusa la ricerca e l’accertamento di fatti difformi rispetto al giudizio penale, la sentenza di “patteggiamento” assume un particolare valore probatorio vincibile solo attraverso specifiche prove contrarie (Corte dei conti, Sez. I Appello, 6 giugno 2003, n. 187; Sez. Piemonte, 11 febbraio 2010, n. 25).
A ciò si deve aggiungere l’orientamento consolidato della Suprema Corte, la quale  afferma che  qualora il giudice di merito non penale (e, quindi, anche la Corte dei conti in sede di giudizio di responsabilità erariale) intenda disconoscere la predetta efficacia probatoria ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione, posto che la sentenza di applicazione della pena patteggiata, pur non configurandosi come sentenza di condanna, presuppone pur sempre una ammissione di colpevolezza ed esonera la controparte dall’onere della prova (Cass. Civ., sez. lavoro, n. 23906/2007; Cass. Civ., SS.UU. n. 17289/2006; Cass. Civ.,  sez. lavoro, n. 9358/2005).
Anche la giurisprudenza di questa Corte riconosce alla sentenza emessa ai sensi degli artt. 444 e ss. c.p.p. gli effetti di una tacita ammissione di colpevolezza, posto che detto tipo di pronuncia esclude a priori  la sussistenza di circostanze per un proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., ed è sostanzialmente equiparata ad una sentenza di condanna come previsto dall’art. 445 c.p.p. avendo il giudice penale accertato la commissione di un fatto/reato a carico dell’imputato sulla cui qualificazione giuridica hanno concordato il P.M. e le parti (Corte dei conti, Sez. Lombardia, n. 7/2009).
Persino nella giurisprudenza penale si ammette che la richiesta di applicazione della pena debba esser considerata un’ammissione del fatto (se non addirittura ammissione di responsabilità o implicito riconoscimento di colpevolezza), in quanto il giudice sarebbe tenuto a pronunciare una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. solo se manchi un quadro probatorio idoneo a definire il fatto come reato o se dagli atti già risultino elementi tali da imporre il superamento della presunzione di colpevolezza che il legislatore ricollega proprio alla formulazione di applicazione della pena (Cass. Pen., sez. 5°, ord. 20 settembre 1999, n. 4117, est. Nappi).
Va pertanto dichiarata, alla luce delle considerazioni sin qui svolte, la responsabilità dei convenuti @@@@@@@ @@@@@@@, @@@@@@@ @@@@@@@ e @@@@@@@ @@@@@@@ per il danno all’immagine arrecato all’Arma dei Carabinieri.
Infatti appare inconfutabile la sussistenza dei fatti per i quali è intervenuta la sentenza di applicazione della pena in sede penale, nonché la loro qualificazione giuridica.
Inoltre dagli atti difensivi del presente giudizio emerge una sostanziale ammissione di responsabilità da parte dei convenuti.
Pur richiamando tutti gli elementi difensivi a suo favore per contrastare la richiesta di risarcimento danni avanzata dalla Procura contabile, il @@@@@@@ sostanzialmente ammette la propria responsabilità in ordine alle condotte criminose che gli sono state contestate in sede penale, parlando di sincero e deciso pentimento. La condotta lesiva al prestigio dell’Arma e la violazione dei doveri connessi alla funzione emergono dal decreto 18 dicembre 2009 del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il personale Militare, con il quale, all’esito del procedimento disciplinare, al @@@@@@@, così come agli altri due convenuti, veniva inferta la sanzione della perdita di grado per rimozione.
Per quanto attiene alla posizione di @@@@@@@ @@@@@@@ si evidenzia che lo stesso, in occasione dell’audizione avanti al Procuratore Regionale in data 6 agosto 2009, aveva sostanzialmente ammesso un comportamento “meramente omissivo” consistito nel non impedire il comportamento del collega @@@@@@@ e nel non denunciare i fatti all’Autorità superiore.
Per quanto riguarda la posizione del  convenuto @@@@@@@ @@@@@@@, che nella comparsa di costituzione afferma di esser addivenuto alla scelta di “patteggiare” la pena per una valutazione prognostica negativa circa l’alea processuale del giudizio dibattimentale, dove, a suo dire, le persone offese avrebbero potuto indicarlo come autore dei fatti di concussione, questa Sezione ritiene che si possa ravvisare una responsabilità collegata ai fatti contestati allo stesso nei capi d’imputazione formulati dal Procuratore della Repubblica e che hanno condotto alla sentenza del G.U.P. di Trieste del 12.01.2009. Non sembra infatti ci possano essere dubbi circa la presenza del @@@@@@@ in occasione degli episodi di concussione a lui attribuiti come si evince dal verbale d’individuazione fotografica del 13.03.2008 e dalla denuncia del 13.06.2008 resi dalle persone offese in due diverse circostanze. A ciò si deve aggiungere la valutazione espressa nel decreto del 18 dicembre 2009 emesso all’esito del giudizio disciplinare a carico del @@@@@@@ (e che agli atti non risulta impugnato) nella quale non si lascia spazio a valutazioni alternative all’effettiva e piena responsabilità del @@@@@@@ ai fatti a lui ascritti nei capi d’imputazione penali che hanno determinato la rimozione con perdita del grado.
Le argomentazioni che precedono, lungi dal costituire l’automatico riconoscimento del giudicato penale a seguito del dibattimento ex art. 651 c.p.p., consentono di affermare la pacifica ed indiscussa sussistenza dei fatti ascritti a tutti i convenuti sulla base dell’istruttoria penale, della sentenza e della altre risultanze in atti.
Tanto premesso, il Collegio deve procedere alla valutazione sulla effettiva sussistenza o meno del contestato danno all’immagine.
In particolare vanno considerate le eccezioni sollevate dalle parti convenute circa l’eccessiva quantificazione del danno operata dalla Procura attrice.
Sulla risarcibilità del danno all’immagine questo Collegio si riporta alle recenti pronunce della Suprema Corte, e in particolare alla sentenza a SS.UU. n. 26972 del 11 novembre 2008, che ha ribadito che il danno non patrimoniale descritto dall’art. 2059 c.c. deve essere inteso come danno determinato dalla lesione di interessi inerenti alla persona non connotato da rilevanza economica. Esso va quindi considerato un danno-conseguenza che presuppone la verifica di tutti gli elementi nei quali si articola l’illecito civile extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c., tra cui l’allegazione degli elementi di fatto dai quali desumere l’esistenza e l’entità del pregiudizio (Cass. SS.UU., 16 febbraio 2009, n. 3677).
La condotta dei convenuti, che si è concretizzata in comportamenti contrari ai doveri d’ufficio configurabili come reati, si è posta in contrasto con i principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione e di responsabilità dei pubblici funzionari (artt. 97 e 98 Cost.), con ciò determinando una palese quanto incontestabile violazione della funzionalità dell’amministrazione stessa, la quale deve agire in modo efficiente, efficace, economico e imparziale.
E’ proprio la violazione di questi specifici doveri e il tradimento della fiducia che la collettività ripone sui singoli funzionari pubblici, con la conseguente perdita di prestigio dell’Istituzione, che ha determinato una lesione all’immagine dell’amministrazione di appartenenza dei convenuti.
Detta lesione comporta, come detto, una diminuzione patrimoniale indiretta suscettibile di valutazione in relazione alla spesa necessaria per il suo ripristino che si traduce nell’attività di riorganizzazione amministrativa e di ristabilimento della fiducia da parte della collettività (Corte dei conti, Sez. I App., 12 febbraio 2007, n. 24/A).
A parere della Sezione questa dimostrazione è stata largamente fornita dalla Procura attrice mediante la produzione in giudizio di vari articoli di giornale da cui si evince che la triste vicenda di cui sono stati protagonisti @@@@@@@, @@@@@@@ e @@@@@@@ è stata oggetto della massima attenzione da parte della stampa non solo locale.
La notizia dell’arresto dei tre convenuti con una sommaria descrizione dei fatti penalmente rilevanti è stata ripresa dalle principali agenzie di stampa a diffusione nazionale (ANSA, AGI, Adnkronos) il 12 giugno 2008. La notizia è stata poi ripresa dal  locale quotidiano “Il Piccolo” nei giorni successivi, tanto che lo stesso giornale aveva ospitato una “lettera aperta” del Sindaco di @@@@@@@ (@@@@@@@), località ove aveva sede il Comando in cui i convenuti erano effettivi,  nella quale ribadiva la piena fiducia nell’Arma dei Carabinieri.
La determinazione del quantum  è sottoposta al vaglio di vari elementi circoscritti dalla giurisprudenza contabile, quali la posizione gerarchica e funzionale dell’autore o degli autori del fatto illecito, il clamor fori e l’ambito territoriale della diffusione della notizia dell’illecito e le conseguenze sociali del discredito patito dall’amministrazione coinvolta. In particolare in un caso analogo il giudice contabile ha collegato la quantificazione del danno all’immagine ad indicatori quali la diffusività degli illeciti nella collettività, la qualifica posseduta dall’agente e la gravità oggettiva dei fatti (Corte dei conti, Sez. Lombardia, 12 febbraio 2007, n. 104).
Applicando detti parametri al caso in esame si nota che la diffusione della notizia ha necessariamente determinato la disapprovazione collettiva degli episodi di concussione, la cui odiosità prescinde totalmente dalla contestata irresponsabilità di chi ha divulgato la notizia.
La posizione di Carabinieri in servizio di pattugliamento, in divisa e con la vettura di servizio aggrava l’accaduto, tanto da far presumere che la spese di ripristino dell’immagine e della fiducia della collettività, irrimediabilmente compromessa, siano state notevoli ed onerose per l’Arma danneggiata.
Questo Collegio, in applicazione dei principi equitativi della valutazione del danno,  come richiamati dagli artt. 1226 e 2056 c.c., alla luce delle circostanze di fatto emerse nel corso del giudizio, ritiene di poter quantificare in € 30.000,00 complessivi il danno patito dall’amministrazione a causa dell’illecito commesso dai convenuti. Detta somma va imputata a carico dei convenuti, in accoglimento della richiesta attorea, secondo la ripartizione prospettata in atto di citazione, che vede la preponderanza dell’apporto causale del @@@@@@@ quale capo pattuglia in occasione dei fatti di concussione.
Pertanto @@@@@@@ @@@@@@@ va condannato al risarcimento della somma di € 15.000,00, pari al 50% del danno, mentre @@@@@@@ @@@@@@@ e @@@@@@@ @@@@@@@ vanno condannati al risarcimento della somma di € 7.500,00 ciascuno, pari al 25% del totale, in considerazione del minor apporto causale ai fatti in giudizio. Va tuttavia ribadito e precisato che tutti i convenuti sono uniti, nei confronti dell’amministrazione danneggiata, dal vincolo di solidarietà passiva, in considerazione del vincolo del concorso personale nei reati, per loro natura dolosi, ex art. 1, comma 1 quinquies, legge n. 20/1994.
Non si può operare l’invocato potere riduttivo dell’addebito trattandosi di condotte dolose poste in essere dai convenuti nelle contestazioni di cui è causa e come tali ostative all’applicazione (Corte dei conti, Sez. Lombardia, 10 dicembre 2003, n. 1478).
 Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono poste a carico dei convenuti nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Friuli Venezia Giulia, definitivamente pronunciando,
CONDANNA
@@@@@@@ @@@@@@@, @@@@@@@ @@@@@@@ e @@@@@@@ @@@@@@@ al risarcimento, in favore dell’Arma dei Carabinieri, in solido tra loro della complessiva somma di € 30.000,00, comprensiva di rivalutazione monetaria e con gli interessi legali dalla pubblicazione della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo, ripartita pro quota  nella misura di € 15.000,00 per il @@@@@@@ e di € 7.500,00 per @@@@@@@ e @@@@@@@.
Condanna tutti i convenuti in solido al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro 438,41 (euro quattrocentotrentotto/41).
Così deciso in Trieste, nella Camera di Consiglio del giorno 18 marzo 2010.
L’ESTENSORE                                                                  IL PRESIDENTE
f.to Dott. Alberto RIGONI                                       f.to Pres. Enrico MAROTTA
Depositata in Segreteria il_14.4.2010___________________
                                                p.IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA
                                                   f.to il Funzionario Addetto
                                                             Daniela Tongiorgi

SEZIONEESITONUMEROANNOMATERIAPUBBLICAZIONE
FRIULI VENEZIA GIULIASentenza702010Responsabilità14-04-2010

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